La tenuta del sistema previdenziale, i profondi cambiamenti nella struttura demografica (la bassa natalità e l’allungamento dell’aspettativa di vita in primis) l’ingresso tardivo dei giovani nel mercato lavoro. E poi i bassi salari, la discontinuità nella contribuzione che interessa una larga fetta di lavoratori, le condizioni di reddito degli attuali pensionati, e molto altro ancora. Ha offerto una visione a tutto tondo del quadro della previdenza e delle dinamiche che attraversa, in stretta correlazione con quelle del mercato del lavoro, la tavola rotonda “Pensioni e sfida demografica”, che si è svolta il 7 novembre a Firenze presso Impact Hub.
La tavola rotonda, aperta da Alessio Gramolati, segretario generale dello Spi Cgil Toscana, ha introdotto il laboratorio di formazione “Comuni – i – care” promosso da Cgil nazionale, Spi Cgil nazionale, Cgil Toscana e Spi Cgil Toscana, il 7 e 8 ottobre.
Tania Scacchetti, segretaria nazionale dello SPI CGIL ha ricordato come sia necessario rendere la previdenza un tema di battaglia comune, e non di scontro, tra le generazioni. Di fronte ad una diminuzione della popolazione in età lavorativa, emerge la necessità di interventi sul mercato del lavoro per garantire lavoro di qualità e salari adeguati. Scacchetti ha posto l’accento sulla necessità di ricostruire un sistema previdenziale riconoscibile e certo per chi si affaccia al mondo del lavoro e al tempo stesso di pensare alla condizione di reddito dei pensionati, in un Paese in cui questi ultimi sono la prima fonte di welfare per i figli, e in cui la quota di pensionati poveri è elevata e in crescita.
A fornire un quadro del “travolgente” cambiamento della struttura demografica e sociale che il nostro Paese sta vivendo, e che accomuna l’Italia a Paesi come la Spagna, il Giappone o la Corea del Nord è stato il professor Livi Bacci (Università di Firenze). Oggi in Italia le bisnonne (o potenziali tali) sono più numerose delle loro pronipoti, la media dei figli per donna è di circa 1,2 e nel giro di trent’anni raddoppierà la quota di ultra ottantenni. Profondi cambiamenti impongono politiche che tengano conto dei nuovi orizzonti, da quelle per riportare il flusso delle nascite ad un livello equilibrato, agli interventi di sostegno alle famiglie, alla “necessità” di immigrazione per cercare di invertire il trend. Inoltre, in un Paese che invecchia raddoppieranno purtroppo le persone fragili, altro tema di cui occorrerà tenere conto.
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Dopo il video inviato da Guendalina Anzolin, ricercatrice dell’Università di Cambridge dedicato a “Welfare e spesa pubblica: da zavorra a veicolo di crescita” ha preso la parola Raffele Fabozzi, presidente dell’Osservatorio sulla spesa previdenziale e assistenziale, nonchè docente universitario che ha proposto una riflessione sull’esigenza di rendere più giusto, equo e sostenibile il sistema attuale (secondo le stime nel 2070 la popolazione italiana scenderà sotto i 50 milioni e la percentuale di over 65 sarà raddoppiata). Diversi i possibili fronti di intervento: favorire l’ingresso nel mondo del lavoro in età più anticipata, agevolare il reinserimento di coloro che ne fuoriescono, garantire un’occupazione stabile e di qualità con livelli retributivi più elevati, intervenire sulla previdenza complementare, che registra tassi di adesione ancora non particolarmente significativi. Importante anche far acquisire ai giovani in formazione maggiore consapevolezza rispetto a questi temi.
L’on. Maria Cecilia Guerra, responsabile politiche del lavoro e previdenziali del Partito democratico ha evidenziato come la questione salariale e il lavoro precario siano due elementi essenziali strettamente collegati alle pensioni. Da un lato c’è il tema dell’insufficienza delle pensioni che i lavoratori stanno costruendo per sé: ci sarà una percentuale di persone che pur avendo lavorato un numero di anni considerevoli avrà una pensione sociale, quindi di tipo assistenziale. C’è poi il fatto che anche se cresce l’occupazione, non crescono le ore lavorate. Si è parlato anche delle pensioni di garanzia, strumento che, essendo legato agli anni di contribuzione non toglierebbe l’incentivo a contribuire, diversamente da altre proposte di tipo più assistenzialistico.
Accanto a questo, la necessità di investire per rendere compatibile natalità e occupazione femminile (spesso in occasione della maternità le donne fuoriescono dal mercato del lavoro per non rientrarci più). Infine, a fronte di un allungamento dell’aspettativa di vita, grazie all’innovazione un allungamento dell’età lavorativa potrebbe anche essere contemplato se declinato in maniera diversa: un lavoro più leggero o di meno ore, aiutato appunto dall’innnovazione tecnologica.
Anche Lara Ghiglione, Segretaria nazionale CGIL ha evidenziato la necessità di una visione più ampia di quella previdenziale, mettendo in luce tre priorità: la tenuta di un sistema ancora “a capitalizzazione incompiuta”, che è a rischio quando si crea disequilibrio tra chi versa i contributi e chi riceve una rendita previdenziale; l’esigenza di garantire pensioni dignitose per rispondere all’aumento del costo della vita e la necessità di un sistema previdenziale equo e non discriminante. Il lavoro dei giovani è fondamentale per la tenuta del sistema: occorre pertanto porre la questione di come creare buona e stabile occupazione delle donne e dei giovani.