Dall’Ucraina agli altri conflitti: l’incontro del Coordinamento donne dello Spi Cgil Toscana

La devastazione in Ucraina e l’emergenza umanitaria. La repressione delle donne in Afghanistan e le testimonianze di chi ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale sulla propria pelle. Ma soprattutto l’invito a promuovere un’iniziativa dal basso, per non arrendersi al conflitto scoppiato alle porte dell’Europa e chiedere una soluzione pacifica. Il Coordinamento donne dello Spi Cgil della Toscana, giovedì 23 giugno al circolo Arci “Pisanova”, ha organizzato l’iniziativa “Le donne raccontano la guerra per costruire la pace”, in cui sono intervenute personalità di diversi settori, dal sindacato alla politica, dalla cooperazione internazionale all’università. “Abbiamo bisogno di capire come sta cambiando il mondo e quale può essere il nostro ruolo come organizzazione sindacale – ha spiegato Marisa Grilli, responsabile del Coordinamento donne dello Spi Cgil Toscana –. Viviamo il dramma del ritorno di una guerra nel nostro continente: ci ha costretto a prendere atto che questo è solo l’ultimo in ordine di tempo di una lunga sequela di conflitti. Oggi si contano 68 guerre in tutto il pianeta”.
Dopo decenni di de-escalation delle spese militari, il quadro globale è cambiato con rapidità verso una corsa agli armamenti e questo richiede anche una risposta ferma da parte dell’opinione pubblica, come ha osservato Alessio Gramolati, segretario generale dello Spi Cgil Toscana: “Negli ultimi 12 mesi le nove potenze nucleari hanno aumentato le spese per gli arsenali atomici del 10%. Non solo, corriamo anche il rischio dell’assuefazione e della metabolizzazione di questa guerra. Per questo penso ci sia bisogno di un’iniziativa dal basso per risvegliare le coscienze”.
La mattinata, condotta dalla responsabile del Coordinamento donne dello Spi Cgil di Pisa Giuseppina Sandroni, si è aperta con la testimonianza di Reha Nawin, attivista afghana scappata dalla dittatura talebana e ora rifugiata in Italia, per ricordare il dramma di un altro luogo caldo del pianeta su cui in poco tempo si sono spenti i riflettori della stampa internazionale. In Afghanistan esiste ancora una resistenza interna organizzata soprattutto dalle donne, ha fatto notare Silvia Richieri, cooperante dell’associazione Cospe. “Continuano a manifestare, nonostante la repressione feroce. Manca però un sostegno internazionale alla resistenza che vorrebbe riorganizzarsi all’estero, fuggendo dal Paese, l’unico vero modo per sconfiggere i talebani. Molte attiviste restano intrappolate, vengono torturate e spariscono”.

La discussione si è poi incentrata sul legame del conflitto in Ucraina con il mutato ordine globale, che rende sempre più tortuosa la strada verso una pace condivisa. “Se noi continuano ad accettare che a livello mondiale vengano investiti oltre 2.000 miliardi di dollari all’anno in armamenti  e solamente 200 miliardi in cooperazione per lo sviluppo, non usciremo mai dalla logica che porta al conflitto”, ha avvertito Sergio Bassoli del Dipartimento internazionale della Cgil nazionale. Perché anche la parola “guerra” ha cambiato il suo significato nel corso del tempo. “In particolare dal secondo conflitto mondiale in poi la guerra è stata sempre più contro i civili, per distruggere i Paesi, non tanto gli eserciti – ha precisato Simonetta Soldani, docente di Storia contemporanea dell’Università di Firenze –. Negli ultimi decenni  abbiamo assistito al moltiplicarsi di conflitti locali, un misto tra interventi dall’esterno e guerre civili. Le donne si trovano così a sopravvivere in una quotidianità distrutta e spesso hanno difficoltà a parlare di guerra”.
Sul pericolo che si allenti l’attenzione sull’invasione russa in Ucraina  si è incentrata la riflessione di Renzo Innocenti, ex presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, che ha parlato di un rischio di “metabolizzazione” del conflitto. “C’è quindi necessità di un movimento che muova le coscienze – ha detto – non è un caso che proprio dalle donne dello Spi sia nata una spinta per rimettere nell’agenda il tema di come costruire la pace”. Solo la crisi ucraina, secondo la Fao, rischia di creare 50 milioni di nuovi poveri, dunque serve un’idea concreta e realistica per uscire dall’impasse diplomatica. Mario Primicerio, della Fondazione Giorgio La Pira, ha indicato una via per evitare un’escalation: “In questo momento l’allargamento della Nato mi pare inopportuno, inoltre penso sia auspicabile la realizzazione di una striscia di sicurezza dal Baltico al Mar Nero, che allenti le tensioni da una parte e dall’altra, pur riportandoci indietro a una logica di contrapposizione tra blocchi. La terza condizione è che all’interno dei confini degli Stati dell’Unione Europea si applichino politiche di ampie autonomie e di rispetto delle minoranze”. L’intero convegno è disponibile in streaming sul canale Youtube dello Spi Cgil della Toscana.


 

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