“Medico ad Auschwitz” di Miklós Nyiszli: la recensione

Nel libro sono narrate le circostanze grazie alle quali l’Autore riuscì a evitare la morte nel lager di Auschwitz e negli altri tre campi di concentramento in cui fu trasferito con le cosiddette “marce della morte”. Nyiszli narra gli orrori a cui ha assistito e la sua esperienza di deportato addetto ad un Sonderkommando , Nei concitati mesi fra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945 che precedettero la fine del Terzo Reich, e come braccio destro – suo malgrado – di Josef Mengele, uno dei responsabili dei test medici sugli ebrei vittime dei campi di sterminio.

Al suo arrivo ad Auschwitz, Nyiszli si offrì volontario come medico e fu assegnato per il servizio di assistenza sanitaria alle baracche del settore 12. Notato da Mengele per la sua abilità professionale, fu da questi aggregato come medico anatomo-patologo al dodicesimo Sonderkommando e trasferito nel crematorio numero 1, appositamente per approntarvi e allestire una sala per le autopsie dotata delle più moderne attrezzature, come supporto alla criminale ricerca scientifica del dottor Mengele. L’Autore racconta di come i medici SS assistessero alle autopsie che lui eseguiva, quasi rapiti e con un nodo di commozione alla gola: normali autopsie che però destavano un immenso interesse tra i nazisti, esaltati e convinti di poter dimostrare scientificamente la superiorità genetica della razza ariana rispetto a tutte le altre; alla fine furono solo osservazioni ed esperimenti empirici, che oltre a misurare crani, annotare il colore degli occhi, pelle o capelli, ovviamente non portarono mai a risultati concreti: la razza ariana come loro la concepivano semplicemente non esisteva. Un resoconto terribilmente autentico sulla follia umana e sugli abissi sconvolgenti che può raggiungere.

Miklós Nyiszli
Medico ad Auschwitz
Longanesi, Milano, 1973, pp. 224

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