Liberazione | Senza donne non c’è festa

(dal numero di Liberetà Toscana di aprile 2024)

Quattro voci femminili si confrontano sul senso di questa celebrazione, tra guerre, destra al potere, disuguaglianze di genere ed economiche

Un 25 aprile, questo, tra guerre, clima, inflazione, aumento della povertà e delle disuguaglianze, governo di destra-destra, sovranismi in crescita. Le donne, come sempre, sono le prime a pagare, parliamo con loro delle preoccupazioni di tutti e di ciò da cui vorrebbero che ci si liberasse, qui e ora.
«Tutto ci spinge a ricordare una data fondamentale nella storia repubblicana», riflette Anna Loretoni, docente di filosofia politica, preside di scienze sociali alla Scuola Sant’Anna di Pisa. «Di crisi della democrazia si parla da più di vent’anni – avverte – ma due novità preoccupano. Dopo la crisi del 2008 e la pandemia le disuguaglianze sono cresciute, in modo particolare per le donne, sempre più precarie ed escluse dal mondo del lavoro. Non è un caso che nel Pnrr la parità di genere sia uno dei tre obiettivi trasversali, insieme al superamento del divario territoriale e generazionale». Così ora in ballo è la «sostenibilità delle disuguaglianze e dunque della democrazia intimamente legata al principio di uguaglianza». La seconda novità è che «le democrazie liberali, che tutelano libertà civili e i diritti individuali, sono minoritarie nel mondo. Si sta affermando una torsione illiberale, parallela alla normalizzazione delle destre estreme che non si collocano fuori dalla democrazia ma usano le procedure democratiche per limitare i diritti politici, la libertà di stampa e di espressione».
La storia non si ripete, aggiunge, «ma assistiamo a una regressione. Si negano i diritti della sfera riproduttiva, si promuove la famiglia tradizionale, caratterizzata anche in senso etnico e razziale, si considerano le donne prima come madri e poi lavoratrici, limitandone
l’autonomia». Dunque,«oggi dobbiamo ricordare la Liberazione in termini non solo retorici, ma come critica all’intolleranza e alla limitazione del pluralismo e della diversità».
Gaia Nanni sogna di «liberarsi dai vincitori a tutti i costi. Quelli che per diventarlo devono sottomettere, annientare e ammazzare e che per questo mi fanno paura». Dell’attrice fiorentina, madre di due gemelli di dieci anni, è appena uscito l’ultimo film, Non aprire quella bara con Paolo Hendel. Pensa che «la sfida di oggi, in una smemoratezza disumana per cui si calpestano donne e bambini, è cercare di non cedere noi stessi all’orrore e all’indifferenza ma sostenere le donne e gli uomini che vedono la propria esistenza legata alla libertà e la felicità di tutti: sono i vinti di oggi e io mi siedo dalla loro parte del tavolo». I figli: «Vorrei lasciare loro in eredità una piazza di scambio reale, ridare loro circoli, collettivi, le serate a discutere pensando di capovolgere il mondo non lasciarli soli sui social». Marina Capponi, avvocata giuslavorista, ricorda il 25 aprile 2019 in piazza della
Signoria. «Tirava un vento di libertà e democrazia. Ora tira quello per la difesa di diritti che credevi acquisiti e invece no. Quelli delle donne sono universali, la misura della democrazia.
Il filo nero che corre intorno al globo ci indica che la guerra si gioca sempre sul corpo delle donne e sui loro diritti: gli stupri del 7 ottobre, il massacro delle donne di Gaza in cerca di cibo per i loro figli, le donne iraniane uccise per un ciuffo di capelli». In pace si chiede loro di organizzare i pasti e riprodursi e basta. «Ma chissà perché l’Italia senza sostegni alla maternità è ultima in Europa per natalità. Conosco bene i problemi delle donne tra famiglia e lavoro, la rabbia delle giovani lavoratrici non assunte perché madri o future madri».
Per Ginevra Di Marco, cantante con tre figli, «senti una grande responsabilità perché saremo noi genitori a determinare il futuro. Ricordare il momento storico in cui siamo usciti dalla dittatura fa riflettere sulle sfide attuali per i diritti umani e civili, contro le discriminazioni, per la condizione delle donne e i loro diritti che si sgretolano». Per Ginevra,
si comincia dai figli: «Parlare al cuore dei ragazzi perché da lì nasce la persona che sarai. Non è facile in un momento così complesso, con la guerra alle porte. Per i miei figli e perché l’umanità sembra un errore perpetuo». Ma bisogna continuare: «Il cambiamento c’è se diventiamo persone diverse, degne di questa terra. Solo così il mondo può cambiare».

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