Ritratto di un uomo mite

(dal numero di maggio 2024 di LiberEtà Toscana)

Quattro cose in cinque minuti. Poi i minuti furono anche di meno, l’attenzione fu massima. Le quattro cose spiegate da Giuseppe (Beppe) Matulli, invitato in qualità di presidente dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, in piazza Santa Croce, riempita da migliaia di persone (c’erano anche Elly Schlein e Giuseppe Conte),
con gli studenti e i professori delle scuole fiorentine, sono una sorta di testamento, un programma di valori politici e ideali, il compendio di una vita. Per ricordare Beppe Matulli, scomparso di recente, basterebbe riascoltare quell’intervento e le “quattro cose” che disse, ma che “cose”. Matulli lanciava l’allarme per «un tempo senza storia», dal titolo di un saggio dello storico Adriano Prosperi, dove si denunciava il rischio dell’oblio. Un oblio, puntualizzò Matulli, «che ci avrebbe reso inconsapevoli del futuro». «La storia – spiegò
– sta scomparendo dal dibattito culturale, fino al punto di essere messa in discussione nei programmi scolastici». Matulli parlava dal palco di una manifestazione antifascista, organizzata il 4 marzo 2023 da Cgil, Cisl e Uil in solidarietà con gli studenti del liceo fiorentino “Michelangiolo”, aggrediti pochi giorni prima da esponenti di un’organizzazione di destra. Aggressione seguita dalla brutta figura del ministro dell’Istruzione, Valditara che invece di condannare il pestaggio si era scagliato contro la presidente del liceo, Annalisa Savino, rea di aver scritto una lettera ai suoi studenti in cui li invitava a non sottovalutare i rischi dei fascismi risorgenti.

Beppe Matulli, scomparso a febbraio a 85 anni, viene giustamente ricordato come il vicesindaco che si è battuto anima e corpo per la tranvia a Firenze. A lui dovrebbe essere dedicata una delle nuove linee (o fermate) del tram in costruzione. Si tratterebbe del minimo sindacale, perché Matulli è stato e ha rappresentato qualcosa di più. All’esperienza amministrativa al Comune di Firenze bisogna aggiungere quella di sindaco di Marradi, suo paese natale, di consigliere regionale, di sottosegretario alla Pubblica istruzione nei governi Amato e Monti e di esponente nazionale della sinistra Dc. Se qualcuno negli ultimi anni si
fosse chiesto dove fosse finito Beppe Matulli ecco che lo ritrovavi sempre nei posti giusti: sul palco di piazza Santa Croce a ricordare i valori fondanti della Costituzione o a impegnarsi per i diritti umani, la pace oppure – con l’associazione Pantagruel da lui fondata – a organizzare cene per comprare occhiali ai detenuti. Ad amici e collaboratori, negli ultimi
tempi, Matulli non smetteva di esprimere la preoccupazione perché non fosse vanificato
il percorso iniziato all’Istituto storico toscano della Resistenza. Sentiva il bisogno di aprirlo alla società e alla scuola, all’impegno per i diritti e al recupero dei detenuti, popolazione di
cui fanno parte tanti giovani. «Era un tratto comune alla politica progressista», commenta Vannino Chiti, chiamato a raccogliere l’eredità di Matulli alla guida dell’istituto. L’ex presidente della Regione Toscana spiega: «Le soluzioni potevanoì essere diverse, a volte anche antagoniste, ma non l’ordine delle priorità e l’attenzione ai problemi della società: il diritto alla scuola per tutti, a un welfare giusto, al recupero delle persone in carcere o in condizioni più precarie, i diritti di uguaglianza e cittadinanza che non erano solo parole vuote per lui. Sono valori che ritroviamo nel sogno della Resistenza e poi nella Costituzione». Come definire Beppe Matulli? «Un uomo colto, mite, di una mitezza che non era arrendevolezza bensì rispetto degli altri e capacità di dialogare. Valori e metodi che sono una ricchezza in politica e che non dovremmo mai perdere e che invece oggi mi pare si perdano nella superficialità, nella mancanza di ascolto e di rispetto. Fino a trasformarsi a volte in intolleranza e autoreferenzialità».

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