Intervista a Giuseppe Bartoletti | Buon senso per includere i nuovi iscritti

(dal numero di aprile 2023 di LiberEtà Toscana)

Discontinuità nei metodi di coinvolgimento degli iscritti, digitalizzazione, pensioni, sanità. Sono queste le priorità che Giuseppe Bartoletti, segretario provinciale dei pensionati della Cgil di Livorno, intravede nel futuro immediato dello Spi. Ex operaio all’Italsider di Piombino, Bartoletti è stato prima in Fiom (segretario generale a Piombino, quindi in segreteria provinciale) e poi allo Spi Cgil, dove dal 2020 è alla guida di un’organizzazione che alla fine del 2021 vantava ventiduemila iscritti.

Bartoletti hai letto l’intervento del segretario
regionale Gramolati sulla necessità di cambiare il congresso?
«Sì e devo dire che condivido la riflessione. Nello scorso congresso abbiamo visto
la partecipazione di migliaia di persone, ma il grosso dei nostri iscritti è rimasto fuori dal dibattito. Servono procedure più snelle e buonsenso: abbiamo elaborato il nostro documento congressuale quando c’era ancora Draghi per arrivare ad approvarlo
quando abbiamo di fronte il governo più a destra di sempre. Così è difficile attirare l’attenzione di una platea di potenziali iscritti che è molto cambiata: voglio dire che la storia e le radici di coloro che oggi si iscrivono allo Spi sono diverse dal passato. Se vogliamo
incidere di più sulle condizioni di vita, bisogna spingere di più sui diritti e mettere un argine al lavoro povero».

Altri temi che ritieni cruciali?

«La digitalizzazione è un’opportunità straordinaria ma va governata tenendo conto che può generare nuove disuguaglianze. Pensiamo solo alla difficoltà di avere lo Spid. Ci sono centinaia di migliaia di persone che rischiano di rimanere fuori gioco. Particolare attenzione stiamo dando sul territorio al tema delle truffe on line: in accordo con la prefettura gestiamo uno sportello per offrire informazioni e orientare gli utenti. Ma ci sono anche le pensioni e la salute: la sanità pubblica è sotto attacco in varie forme, anche da noi. L’autonomia differenziata, che suscita interesse anche in Toscana, può rappresentare un’ulteriore danno al sistema. Già oggi fasce di popolazione trovano difficoltà a curarsi,
perché il potere di acquisto delle pensioni si è abbassato grazie alla mancata perequazione
e tutto ciò rischia di aggravarsi se non si affermano i valori universali della sanità».

Le recenti elezioni regionali mostrano
la disaffezione dei cittadini. È sempre più difficile fare rappresentanza.
«Se a elezioni cruciali come quelle regionali vota appena il 40 per cento, è un vulnus per la democrazia. L’astensionismo è un fenomeno preoccupante che va però capito e interpretato. La politica appare sempre più elitaria e i partiti sono irriconoscibili, anche in un territorio di storica partecipazione come Livorno. Ma proprio per questo il sindacato deve fare di più per coinvolgere le persone parlando il linguaggio della verità: se la sanità non funziona bisogna dirlo, anche se le istituzioni sono rappresentate da una politica che dovrebbe essere vicina e invece non lo è».

Il rapporto con la politica?
«Lo abbiamo visto con la proposta di legge sulla rappresentanza: milioni di firme raccolte ma senza una sponda politica quella proposta è, alla fine rimasta nel cassetto. Noi non siamo equidistanti: rimaniamo democratici e progressisti, e guardiamo al campo di
centrosinistra, ma ci aspettiamo che la sinistra faccia la sua parte per migliorare le condizioni di vita di milioni di lavoratori e di pensionati. La Cgil e lo Spi possono
essere elementi catalizzatori per un nuovo percorso di ricostruzione, a patto
che le forze progressiste abbiano voglia ora di ascoltare le ragioni dei lavoratori
e dei pensionati, cosa che fino a ora hanno fatto poco e male».

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