Anche noi vecchi possiamo imparare dai social

Per usare i nuovi media siamo tornati sui banchi di scuola. Istruzioni per vivere serenamente il rapporto con la tecnologia

(dal numero di aprile 2023 di LiberEtà Toscana)

Nel tuo cellulare se premi il pulsante di accensione e quello del volume contemporaneamente fai una foto istantanea dello schermo: si chiama screenshot e lo puoi condividere subito. Anche questo abbiamo imparato oggi, ed ecco allora lo screenshot della situazione attuale. Da tre anni si fanno corsi di formazione regionali per la pratica e l’uso degli strumenti informatici. Centinaia di persone sono tornate con umiltà e impegno sui banchi a imparare, magari da casa o dall’ufficio a fare, per realizzare riunioni on line, scaricare e condividere articoli dai siti sindacali, organizzare incontri e iniziative. Appena ieri, termini prima privi di senso come “condividi”, “inoltra”, “Adobe Acrobat”. “Excel”, “Pdf”, sono diventati argomenti e temi per il nostro sapere informatico e oggi si conoscono e si usano quotidianamente. Lo spazio del digitale solo se lo conosci lo usi, non ne abusi e magari non ti lasci usare. Oggi tutta la nostra informazione – sindacale e non – passa dagli schermi dei Pc, dei tablet, dei cellulari. Molta informazione politica e culturale avviene tramite social e applicazioni informatiche (Facebook, Instagram, Messenger). I giornali sono on line, e nel lavoro la conoscenza digitale è diventata fondamentale. Lo sappiamo e a nostre spese lo abbiamo appreso velocemente, con tutte le difficoltà dei “nativi cartacei”, e adesso anche i più coriacei usano tranquillamente i cellulari e il computer.

Certo come sindacato ci siamo un po’ attrezzati, ma non possiamo pensare che il divario digitale e l’esclusione che molti anziani subiscono siano affrontati e risolti da noi: occorre una formazione e un’istruzione pubblica che acceleri l’inclusione digitale, proprio per le persone con maggiori difficoltà. Pensiamo soltanto all’uso dello Spid e della Cie oggi necessari per accedere ai servizi pubblici, sanitari e dell’Inps. Notizia di questi giorni, la creazione di una futura applicazione che unificherà le due cose, ma chi la insegna? E a chi? Per ora l’aiuto è venuto solo dall’iniziativa privata (Coop, Poste), dal sindacato e nella stragrande maggioranza dei casi da figli e nipoti. Questa rivoluzione informatica è stata rapida e non graduale, ma come si dice in fisica uniformemente accelerata e per questo non si riesce sempre a starle dietro. I nostri corsi hanno bisogno di un continuo ripasso.

Guardo ogni tanto con commozione la mia impolverata Olivetti 32 e scrivo ancora con la stilografica sui vecchi quaderni neri, ma ormai l’abitudine ai mezzi informatici è cosi diffusa che siamo già in un tempo in cui nasce il rimpianto e la domanda: «Ma come si faceva prima, senza telefonino e senza computer?». Alcuni con nostalgia e forse non a torto rispondono che si stava meglio prima: eravamo più sereni e più presenti a noi stessi. Forse in medio stat virtus: si tratta di conciliare i tempi del rimpianto e della novità, il vecchio e il nuovo. Ma per chi come noi ha la pretesa di agire, di essere presente nel presente magari per migliorarlo, vale la pena rimettersi a studiare per maneggiare strumenti di comunicazione come Whatsapp e Facebook. La pandemia ha involontariamente accelerato i tempi della transizione tecnologica e informatica. Siamo partiti due anni fa dal «premi per favore il link per collegarti alla riunione» (e molto non sapevano cosa fosse un link) all’oggi in cui molti dei nostri dirigenti e capilega riescono a costruire e utilizzare siti web, scaricare articoli, navigare. L’obiettivo è sempre ridurre le difficoltà nell’utilizzo del digitale accelerando sull’inclusione, un obiettivo ancora lontano, e non possiamo certo raggiungerlo da soli. Abbiamo formato centinaia di militanti, dotato le leghe di tablet e Pc per informare, comunicare, riunire gruppi, fare riunioni e direttivi on line e ora con un volantino fatto con Photoshop possiamo diffondere prima e meglio e le nostre idee. Poi è bene che tutto ciò non escluda i momenti vis a vis di condivisione, stare in piazza o in presenza perché siamo persone che amano guardarsi negli occhi, non siamo certo solo immagini od ologrammi virtuali. Insomma lo screenshot ci vede a colori e protagonisti nel presente. Se è vera la frase di Truffaut: «Amo i giovani perché fanno tutto per la prima volta» a voi lascio trarre le conclusioni.

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