Liste d’attesa, Cgil: “Il Governo ha partorito un topolino”

“L’atteso intervento sulle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie da grande spot elettorale si trasformerà in grande flop per persone e personale. Il Governo ha partorito un topolino”. Lo afferma la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi.
Secondo la dirigente sindacale “quello che doveva essere un decreto per affrontare l’annosa questione delle liste d’attesa si sgonfia di aspettative, finendo per prevedere cose che sono già, in gran parte, previste dal Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa (PINGLA) 2019-2021 come le classi di priorità per le prescrizioni (urgente, breve, differibile e programmata), il CUP unico regionale con tutte le agende di prenotazione delle prestazioni disponibili – sia del pubblico che del privato convenzionato -, il sistema di monitoraggio, le disdette delle prenotazioni, i percorsi di tutela, il divieto di liste chiuse. Non volendo pensare ad un vergognoso spot elettorale non si comprende dov’è l’urgenza che giustifica un decreto privo di reali risposte per le persone malate”. Inoltre, prosegue Barbaresi “è già prevista dal PINGLA la possibilità di accertamenti diagnostici il sabato, la domenica e nelle ore serali, ma nel decreto d’urgenza non si indica con quali professionisti. Con un Servizio Sanitario Nazionale che soffre ormai da troppo tempo di un’insostenibile carenza di personale, non si chiarisce chi dovrebbe coprire quei turni ulteriori”.
“Oltre al decreto legge – aggiunge la segretaria confederale – viene adottato un disegno di legge con 15 articoli e tante promesse a partire dell’annunciato superamento del tetto alla spesa sul personale, senza indicare le coperture economiche è con quali risorse aggiuntive per il Servizio Sanitario Nazionale. Se tutto l’impianto si regge a risorse invariate, per il SSN ciò che accadrà sarà semplicemente il travaso di risorse dal sistema pubblico a quello privato”. Per Barbaresi: “Le lunghe liste d’attesa sono un problema complesso da affrontare, sono certamente utili monitoraggi e dati, ma servono soprattutto risorse da investire nel SSN, nel suo personale, quello in forza e quello da assumere al più presto. Occorre poi un’organizzazione dell’assistenza sanitaria, a partire dal territorio, capace di garantire non solo prestazioni, ma l’effettiva presa in carico dei bisogni di salute delle persone”.
“Probabilmente nemmeno il Ministro si attende da questo decreto d’urgenza effetti positivi sull’abbattimento delle liste d’attesa. Le aspettative più importanti potrebbero risiedere in chi cerca consenso politico e interesse economico a discapito dell’oculata gestione dei denari pubblici e dell’interesse delle persone. Continueremo a batterci – conclude Barbaresi – per il diritto alla salute, per contrastare l’impoverimento e lo svuotamento del pubblico e la privatizzazione della sanità che il governo Meloni porta avanti a passo di marcia”.

 

“Il decreto sulle liste d’attesa è uno spot elettorale mal riuscito. Si tratta di un atto in gran parte ridondante che non tiene conto degli strumenti già esistenti, un provvedimento privo delle innovazioni organizzative e di strategie per promuovere l’appropriatezza che sarebbero veramente necessarie per contenere il fenomeno delle liste d’attesa. Tutto ciò è ben evidenziato nelle diciotto pagine di rilievi critici sollevati dai tecnici delle Regioni”. Così l’assessore regionale alla Sanità, Simone Bezzini, commenta in una dichiarazione i provvedimenti approvati dal governo. “La cosa più grave – prosegue l’assessore – è che non prevede fondi aggiuntivi. Una scelta che conferma la volontà del governo di andare verso la privatizzazione del sistema sanitario. Anche la revisione dei tetti di spesa per il personale, senza il relativo aumento di risorse, è uno specchietto per le allodole”. Ci sarebbe, inoltre, un problema di metodo: “Su questo decreto non c’è stato alcun coinvolgimento della Conferenza delle Regioni– sottolinea Bezzini- e questo rappresenta un vero e proprio vulnus istituzionale. Gli assessori alla Sanità sono stati convocati solo ieri e, in quella sede, abbiamo appreso che da diverse settimane il ministero stava lavorando al provvedimento. Il contenuto ci è stato esposto a voce, salvo poi veder circolare una relazione del tutto discordante rispetto a quanto ci era stato riferito. Un modo del tutto discutibile di procedere”. L’esecutivo Meloni, ad avviso di Bezzini, non ha accolto l’invito delle Regioni a confrontarsi per lavorare a una terapia d’urto. Colpisce dunque l’atteggiamento istituzionale del governo: “Si sta giocando sulla pelle delle persone che hanno bisogno di cure – conclude – calpestando sempre di più le corrette relazioni tra istituzioni dello Stato”.

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