Prosegue il “diario delle cento piazze” che raccoglie le voci delle tante persone che in questi giorno stanno firmando agli stand allestiti dallo Spi Cgil per raccogliere firme a sostegno del servizio sanitario nazionale. Questa volta Stefano Vetusti è andato a San Giovanni Valdarno (AR).
«I consultori stanno morendo. Sono stati una delle conquiste frutto di tante battaglie delle donne nei decenni passati, un modello di prevenzione, punti di riferimento per tante giovani. Ora è doloroso vederli via via indebolirsi…». Mirella Inghilesi ha fatto l’infermiera per una vita intera. Ha 75 anni e conserva ancora una energia invidiabile. Si appassiona come una volta, quando c’era da scendere in piazza per tante sfide tra le quali anche quella per costruire una sanità pubblica che fosse diritto di tutti. I consultori familiari sono stati uno dei simboli delle rivendicazioni del femminismo negli anni Settanta, per la libertà delle donne nella sessualità e nella maternità. «Un servizio unico per la tutela della salute della donna, del bambino e degli adolescenti, con una insostituibile funzione di informazione a sostegno della prevenzione e della promozione della salute» si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità. Vennero istituiti nel 1975, con la legge 405 del 29 luglio. Sono via via divenuti un fiore all’occhiello della rossa Toscana, un servizio invidiato dalle altre regioni. Lo ha certificato lo stesso Iss, con la prima fotografia nazionale sui consultori familiari fatta con una indagine tra novembre 2018 e luglio 2019. In Toscana c’era un consultorio ogni 22mila residenti, una media ben superiore a quella nazionale (uno ogni 35mila) e in linea con i livelli considerati ottimali. I dieci per cento del totale erano consultori privati accreditati. Anche per le prestazioni erogate la nostra regione era ai vertici nazionali. Per questo fanno male le parole di Mirella, infermiera pasionaria che rilancia l’allarme per la salute dei consultori del Valdarno. Oggi è a firmare per salvarla, quella sanità pubblica per cui si è battuta in passato, al banco allestito dallo Spi Cgil di San Giovanni Valdarno. L’obiettivo della petizione promossa da Cgil e Spi regionale è quello di raggiungere centomila firme per accompagnare la proposta di legge da inviare alle Camere che la Regione Toscana sta per approvare insieme a Emilia Romagna e Puglia.
Lo stand dello Spi Cgil è in via Roma, proprio a ridosso di piazza Cavour. È sabato, giorno di mercato. La piazza è piena di gente. Poco più in là c’è anche lo stand di Rifondazione comunista che raccoglie firme per il salario minimo, un altro manifesto della sinistra. Si fermano in tanti al banco dello Spi. Molte le donne. Qui a San Giovanni Valdarno, in questa terra di mezzo tra Firenze e Arezzo, è comune la preoccupazione per servizi sanitari che prima c’erano e ora non ci sono più, per una sanità pubblica che si ritrae lasciando sempre più spazio ai privati, dove si cura solo solo chi può pagare. «Negli ultimi tempi c’è stato un boom di aperture di centri sanitari privati – aggiunge Mirella – non non soltanto a San Giovanni». Lucia, una donna che si avvicina per firmare, le si rivolge senza dubbi: «Per forza aprono i privati, sa quando mi hanno dato l’appuntamento per una visita cardiologica di controllo per mio marito? Ad ottobre 2024, tra un anno. E stiamo parlando del cuore, ma come è possibile?». Si ferma Gabriella Trefoloni, è stata a lungo responsabile del servizio trasfusionale dell’ospedale. «Perché firmo? Per solidarietà», risponde sorridendo. Le si avvicina Mirella. Si conoscono bene. «Noi si vuole la sanità pubblica, ci si è lavorato una vita nella sanità pubblica» alza la voce.
«La sanità non deve avere colore politico, il diritto alla salute è di tutti» dice Antonio Civitelli, segretario di lega dello Spi di San Giovanni insieme a Mauro Zenoni, che lo aiuta nella raccolta delle firme. «La Toscana per la sanità resta ancora un’isola felice rispetto a tante altre, ma c’è anche tanto da migliorare. Lo sentiamo direttamente dalle persone che vengono da noi al sindacato, preoccupate per servizi che mancano o liste di attesa esagerate». Per una visita ginecologica dal consultorio capita che ti mandano a un altro ambulatorio e devi aspettare anche quattro mesi, oppure per una specialistica dovresti andare in Valdichiana o ad Arezzo, ma come fa un anziano… E poi ci sono i problemi comuni ad altre zone della Toscana, come la difficoltà ad avere gli ausili sanitari: «Come si fa a dire a un anziano che per avere gli ausili di cui ha bisogno deve mandare una mail». E i problemi per l’accesso all’assistenza domiciliare. «Per fortuna – dice un’anziana dopo aver firmato la petizione dello Spi Cgil – qui abbiamo la casa della salute, aperta oltre tre anni fa, dove alcuni medici hanno accettato di fare ambulatorio. In altre zone invece non hanno neanche la casa della salute».
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