Armando Frigo, un calcio al nazifascismo

Un libro ripercorre la storia del “tenente viola” fucilato dai tedeschi in Montenegro. Quando morì, aveva la tessera della Fiorentina in tasca

(dal numero di settembre 2023 di LiberEtà Toscana)

Nel groviglio di vicende umane che si intrecciarono all’indomani dell’8 settembre, ce n’è una poco nota, ma che dovrebbe essere cara alla memoria dei tifosi della Fiorentina più di altre. È quella di Armando Frigo, calciatore viola all’inizio degli anni Quaranta, morto il 10 ottobre 1943 al passo di Ckrvice, in Montenegro, dopo aver resistito ai tedeschi con il suo reparto per oltre un mese. Arresosi per la mancanza di munizioni e viveri, il sottotenente Frigo con altri tre ufficiali fu sommariamente processato e fucilato dopo essersi rifiutato di togliere le mostrine. Quella resistenza servì a coprire la ritirata dei reparti italiani che si sarebbero uniti alle formazioni partigiane jugoslave. Quando morì, nel suo portafoglio fu trovata una tessera di calciatore della Fiorentina, squadra in cui aveva militato dal 1939 al 1942. A distanza di ottant’anni, ritorna sulla sua storia un testo di Andrea Mazzoni dal titolo: Armando Frigo, “il tenente viola” (e altri che dettero un calcio al nazifascismo), Edizioni Pentalinea di Prato. Un libro che, usando ora il tono saggistico ora quello narrativo, riporta alla luce i fatti salienti della vita di Frigo, dai primi anni di vita in America (era nato nel 1917 a Clinton, negli Stati Uniti, dove la famiglia era emigrata) al tragico epilogo in Montenegro. In mezzo, una promettente quanto breve carriera di calciatore tra Vicenza, Firenze e La Spezia.

Lo yankee dai piedi buoni.
Frigo era figlio di veneti emigrati negli Usa quando lui non era ancora nato, negli anni Dieci. «Il padre – racconta l’autore – era stato minatore, poi aveva fatto fortuna mettendo su uno store e una pompa di benzina. Negli anni Venti arrivò la decisione di ritornare in Italia, quando il clima nei confronti degli italiani era mutato e il negozio venne attaccato da alcuni facinorosi». A Vicenza, dove il padre ha investito in terreni, Frigo muove i primi passi nel calcio, esordendo a 17 anni nella squadra della città. Lo “yankee dai piedi buoni” fa coppia con Romeo Menti (che morirà più tardi nella sciagura di Superga), giocando in tandem sul lato destro del campo, Frigo mezz’ala e Menti ala. La coppia si ritroverà a Firenze, dove giocherà insieme per un paio di stagioni.

L’arrivo alla Fiorentina
. A Firenze Frigo esordisce in serie A sperimentando il “sistema”, il nuovo modulo di gioco imposto dall’allenatore Galluzzi. «In questo schema, Frigo da centromediano con il compito di marcare, annulla attaccanti del calibro di Puricelli del Bologna, Piola, Amadei. Giocherà in molti ruoli, una volta perfino portiere, perché il titolare era stato espulso e allora non c’erano sostituzioni. Era un calcio artigianale, lontano da quello di oggi. Dopo una carriera da calciatore poteva capitare di fare altro, come accadde a un altro viola, Vittorio Staccione che andrà a lavorare in fabbrica a Torino».

La Resistenza nel calcio
. Fu durante gli anni della Fiorentina che farà l’incontro che gli cambierà la vita. Mentre è di ritorno da Vicenza in treno, un reduce mutilato di guerra lo riconosce, gli dice che i calciatori sono fortunati perché sono dispensati dal servizio militare. Il regime usava il calcio come strumento di propaganda, e per questa ragione teneva i calciatori lontani dal fronte. Per un suo personale imperativo morale Frigo decise però di arruolarsi. Dopo un anno allo Spezia, in cui giocherà poco e niente perché è già nell’esercito, viene spedito nei Balcani. Nel suo libro, oltre a Frigo, Mazzoni fa un’ampia rassegna dei calciatori che in Europa e in Italia si opposero al nazismo. Tra di loro altri due ex viola: Bruno Neri, dieci anni nella Fiorentina, dopo aver aderito a una banda partigiana, morirà nel 1944 in uno scontro a fuoco con i fascisti. Rimane celebre una sua foto del 1931: durante l’inaugurazione dello stadio fiorentino “Giovanni Berta” (successivamente Artemio Franchi) fu l’unico a non rendere omaggio alle autorità con il saluto romano. Staccione, in viola dal 1927 al 1931, fu arrestato perché riconosciuto tra gli organizzatori degli scioperi del 1° marzo 1944. Morirà a Mauthausen nel 1945 per cancrena a una gamba per il violento pestaggio subìto dalle guardie del campo. La resistenza di Frigo fu invece quella di alcuni ranghi dell’esercito che, nell’ora della disfatta e del “tutti a casa”, scelsero di combattere il nazifascismo.

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