Le aree interne e lo spopolamento irreversibile del ministro Foti

Leggiamo con preoccupazione il nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree interne appena approvato dal Governo Meloni. Il tema delle aree interne è da tempo presente nel dibattito pubblico e nasce dalla giustificata preoccupazione per il loro progressivo spopolamento: col calo della popolazione cala anche il presidio di ampie porzioni di territorio visto che le aree interne occupano quasi il 60% dell’intera superficie nazionale.

Il Governo vuole limitare l’impegno verso le aree in cui lo spopolamento apparirebbe “irreversibile”; come dire che vi sarebbe una porzione di tali aree in cui ogni sforzo di frenare lo spopolamento risulterebbe vano: tanto vale rinunciarvi, concentrando le risorse altrove.

Vi sono alcune obiezioni a tale impostazione a partire dalla stessa interpretazione di cosa si debba intendere per frenare lo spopolamento; è evidente che non significa esclusivamente ripopolare.

Vi è innanzitutto da affrontare la questione sociale: nelle aree interne vivono persone che rischiano di essere abbandonate per la difficoltà di accedere alcuni servizi fondamentali (scuola, trasporti, sanità). Ma la questione sociale trova, come noto, una diversa sensibilità tra le forze politiche, per cui se il problema fosse solo questo non ci dovremmo sorprendere più di tanto per il disinteresse da parte di alcune formazioni politiche verso questa forma di disuguaglianza.

Ma ci sono oggi altri motivi per cui le aree interne vanno sostenute. Innanzitutto, per il fatto che, con i cambiamenti climatici, il presidio del territorio diviene strategico per evitare che si generino danni eccessivi su cui occorre poi intervenire. Quindi, al di là di quante persone ci vivano, è necessario che il territorio vada manutenuto: con i cambiamenti climatici i danni della mancata manutenzione oramai superano largamente i costi.

Ma vi è anche qualche altra motivazione strettamente economica relativamente alle attività che possono svolgersi nelle aree interne anche in quelle più periferiche e che riguardano alcune produzioni importanti: dal settore forestale, a quello agroalimentare a quello turistico; inoltre, la produzione di energia e di acqua – due risorse che tendono a divenire sempre più importanti nel prossimo futuro – ha qualche riferimento con ciò che accade nelle aree interne. In un futuro in cui il modello basato sulle sole esportazioni rischia di indebolirsi il sostegno ad alcune produzioni locali è tutt’altro che banale.

Come SPI CGIL Toscana non possiamo che denunciare questo cambio di politica che nei fatti sarà devastante. Il Governo rinuncia formalmente all’idea di invertire la tendenza allo spopolamento e di conseguenza di investire nelle Aree interne. Hanno deciso che questa situazione è irreversibile e che non è possibile contrastarla ma va pianificata, accompagnata così da farla diventare “normalità”. Una scelta politica devastante e vergognosa non solo dal punto di vista economico ma anche da quello umano: qui si sta parlando di milioni di persone, prevalentemente anziane e sole che verranno abbandonate al loro destino.

Lo SPI CGIL Toscana continuerà a denunciare e a contrastare queste scelte irresponsabili e
disumane. Con le nostre Leghe SPI presenti in questi territori coinvolgeremo le Istituzioni locali, i cittadini e le tante Associazioni per intraprendere tutte quelle iniziative necessarie a contrastare questa politica scellerata.

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