L’innovazione tecnologica tra rischi e opportunità

L’innovazione corre veloce e immette nel lessico comune termini nuovi di cui non sempre comprendiamo a fondo la portata. Ci viene spesso ricordato che siamo entrati nella fase della transizione digitale, destinata a cambiare non solo il modo di produrre, ma lo stesso modo di vivere, di accedere ai servizi e quindi di soddisfare i propri bisogni.
Per molti questo è ancora un oggetto oscuro; lo è in particolare per gli anziani, i quali hanno tradizionalmente maggiori difficoltà – e spesso anche timore – di cambiare le proprie abitudini di vita, anche le più semplici.

In effetti la trasformazione indotta dalla digitalizzazione, come tutte le innovazioni, si porta dietro rischi ed opportunità. Non vi è infatti alcun dubbio che il fatto di poter usufruire di alcuni servizi direttamente da casa evita spostamenti spesso anche disagevoli, in particolare, per chi vive in luoghi distanti dai centri di erogazione di tali servizi. Ma ci sono anche i rischi. Il primo è quello legato alla capacità delle persone di inoltrarsi nel campo delle nuove tecnologie a causa del “digital divide” di cui larghi strati della popolazione del paese soffrono. La conseguenza è che, se alcuni servizi – come è molto probabile – saranno nel prossimo futuro fruibili solo da remoto, chi non è familiare con le nuove tecnologie rischia di non potervi accedere. Un secondo rischio – non meno grave – è quello di una ulteriore chiusura nella propria abitazione, particolarmente grave per gli anziani che spesso vivono già in condizioni di solitudine: andare dal medico per una farsi segnare una ricetta non è sempre un sacrificio, è anche un modo per incontrare altre persone. In altre parole, se è vero che si libera una parte del tempo dedicato a mansioni apparentemente fastidiose, è altrettanto vero che aumenta l’esigenza di trovare poi i modi per riempirlo. Per questo l’innovazione tecnologica deve essere accompagnata da innovazione sociale ed organizzativa per evitare un peggioramento della qualità della vita delle persone più disagiate; la conseguenza potrebbe essere l’aumento delle disuguaglianze che, invece, un più attento uso della tecnologia potrebbe contribuire a ridurre.

La fase storica che stiamo vivendo è caratterizzata, da un lato, da un crescente processo di invecchiamento con conseguente richiesta di alcuni servizi di base, dall’altro, dai problemi di gestione della spesa pubblica che, ancora per un po’, sarà inevitabilmente sottoposta ad esigenze di contenimento, quindi: meno risorse per fronteggiare bisogni crescenti. All’interno di queste coordinate l’innovazione può dare un contributo importante per rendere, non solo possibile, ma anche migliore l’accesso ad alcuni servizi; tuttavia, perché questo sia realmente possibile occorre da un lato rafforzare la capacità delle persone (tutte, non solo i lavoratori) di utilizzare le nuove tecnologie, dall’altro rivedere i modi con cui i servizi sono stati fino ad oggi erogati.
Lo SPI CGIL si adopera da tempo per affrontare tutte le tematiche qui indicate; l’obiettivo è quello di accompagnare le persone mettendole nella condizione di usufruire di tutti gli aspetti positivi della transizione digitale, trovando allo stesso tempo una soluzione per quelli più negativi.
Per questo è necessario avviare una fase di sperimentazione al fine di verificare come tecnologie già oggi esistenti, ma non sufficientemente diffuse, possano essere utilizzate anche da persone poco familiari col loro uso, per stabilire cosa debba essere fatto per renderle effettivamente utili. Formazione estesa alle persone più in difficoltà? Supporto di eventuali facilitatori? Revisione delle modalità con cui vengono erogati alcuni servizi? Sono tutte domande a cui occorre dare una risposta in tempi rapidi per evitare che il processo vada avanti da solo.

L’autore è referente del Progetto Governance, Partecipazione Sociale e Istituzionale di Spi Cgil Toscana

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