Pianeta terra 3. L’unità del lavoro che serve al paese

“50 anni fa lo Statuto dei Lavoratori. Celebrarlo forse non basta?”
Il contributo di Mario Catalini*

Sono passati 50 anni dalla nascita dello Statuto dei Lavoratori. Nel 1970 il Paese colmava finalmente un vuoto che era costato tanto in termini di dignità ai lavoratori italiani. È stato un cambiamento epocale che ha codificato e reso giustizia a tutte le storture che fino ad allora avevano governato i rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratore. I tempi sono cambiati, la società ha subito un’evoluzione e una crescita che 50 anni fa era impensabile. Tuttavia lo Statuto dei Lavoratori oggi non è superfluo né superato. Al contrario, deve essere la base per un nuovo Patto Sociale che risponda alle esigenze di chi lavora, soprattutto in questi tempi di crisi profonda – di cui ancora non si intravedono gli orizzonti e i confini – a causa della pandemia da Covid-19.
 
La situazione attuale impone delle risposte nuove e diverse. Solo a partire da azioni sindacali unitarie che rispondano ai problemi veri dei lavoratori è possibile realizzare le riforme nel mercato del lavoro nella direzione di una più equa distribuzione delle risorse e di un ripensamento generale degli equilibri che sottostanno al conflitto tra forza lavoro, da una parte, e profitto, dall’altra.
 
In Toscana l’azione unitaria è stata perseguita e realizzata non per mero spirito di servizio, ma attorno a degli accordi che hanno consentito di gestire in modo pronto, concreto e immediato i problemi delle persone. È questa la strada da percorrere per rinverdire lo Statuto dei Lavoratori, che oggi compie 50 anni ma che non può essere catalogato come una scartoffia buona solo per gli storici di scienze sociali e gli scaffali delle biblioteche. Chi, come noi, ha vissuto l’epoca d’oro delle lotte sindacali di piazza sa dare il giusto valore a quelle conquiste, così come sa distinguere un buon accordo firmato oggi, nel contesto difficile che ci troviamo ad affrontare, da sterili battaglie di principio che svuotano il senso d’essere dello stesso sindacato. Noi siamo per stringere accordi che rispondano alle esigenze e ai bisogni delle persone, non ci interessano lotte ideologiche buone solo per la polemica del giorno.
 
L’orizzonte, dunque, resta uno solo: azioni sindacali unitarie che realizzino quel contesto più dignitoso e giusto per il mondo del lavoro. Dire che insieme siamo più forti non è solo uno slogan, ma una promessa che facciamo ai nostri iscritti. La concorrenza tra sigle oggi, in questo mondo sconquassato economicamente e socialmente da una pandemia globale, è deleteria e rischia di non essere capita da chi dovremmo avere l’onore di rappresentare. Sarebbe da sconsiderati sacrificare le opportunità di migliorare le condizioni di tanti pensionati, anziani, non autosufficienti, lavoratori, giovani, donne solo per meri interessi di bottega.
 
In Toscana, come organizzazioni sindacali dei pensionati, abbiamo provato a fare la nostra parte gettando le basi per un dialogo costante tra sigle sindacali che ha dato i suoi frutti: accordi e intese con la Regione Toscana che toccano la carne viva delle persone. È da queste esperienze che dobbiamo ripartire. Crediamo che sia giunto il tempo di metter da parte divisioni e scontri e puntare a un nuovo Patto Sociale che coinvolga tutte le forze positive del Paese. Noi, come pensionati, abbiamo provato a realizzarlo in questa emergenza sanitaria che ci ha colpiti, e i risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti. È il momento di estenderlo a tutte le categorie attive e, da qui, provare a costruire il futuro.
 
(*Mario Catalini: operaio siderurgico, è stato segretario Uil Piombino, segretario generale aggiunto Uil Livorno e segretario generale aggiunto Uil regionale. Attualmente è Coordinatore artigianato Uil Toscana e segretario generale Uilp)

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