(dal numero di giugno 2023 di LiberEtà Toscana)
L’attore parla dell’importanza di essere curiosi e ironici a ogni età. Gli odiatori? «Alle loro granitiche certezze, preferisco i sani dubbi»
Ridere fa bene alla salute. Parola di uno che di risate se ne intende: Paolo Hendel, 71 anni, fiorentino, comico, attore, autore con laurea in lettere «conseguita alla tenera età di 44 anni, modestamente», tiene a precisare. Troppi gli spettacoli teatrali per ricordarli tutti. In televisione inizia con Banane, con Fabio Fazio, e con Teletango, regista e ideatore Sergio Staino, l’amico di sempre. A Mai dire gol, nelle mani della Gialappa’s Band, veste i panni di Carcarlo Pravettoni, l’industriale cinico e baro. Attore in molti film diretti, tra gli altri, da Mario Monicelli e dai fratelli Taviani. Ne Il ciclone di Leonardo Pieraccioni veste i panni
del meccanico Pippo. Ultima sua fatica il libro e lo spettacolo teatrale La giovinezza è sopravvalutata, scritto con Marco Vicari e la geriatra Maria Chiara Cavallini, regia di Gioele Dix.
In questi mesi, in vista del centenario dalla nascita di Italo Calvino, è impegnato in una lettura di testi con musica dal vivo, con Michele Staino al contrabbasso e Renato Cantini alla tromba. Hendel ricorda che ridere è una cosa seria, tanto da rendere necessarie le citazioni di un geriatra e di un santo. Il primo è il professor Francesco Maria Antonini che
dagli anni Cinquanta al 1990 fu titolare a Firenze della prima cattedra, in Italia e forse nel mondo, di geriatria e gerontologia. «Antonini era convinto che nella vita, a qualsiasi età, fosse importante continuare a essere curiosi, guardarsi intorno, avere sempre la capacità di indignarsi e cioè di incazzarsi per le cose che non vanno per il verso giusto». Un salto indietro nel tempo ed ecco sant’Agostino che ha scritto: «La speranza ha due bellissimi figli: l’indignazione e il coraggio. L’indignazione per come vanno le cose e il coraggio di cambiarle». Se hai questo dentro di te, puoi avere anche centocinquant’anni anni ma non sarai mai veramente vecchio.
Hendel invita ad applicare nella vita quotidiana gli insegnamenti di Antonini e Sant’Agostino. «Indignarsi di fronte a ciò che non va è la prima reazione. Impegnarsi per il cambiamento la seconda, ma ci aggiungerei una terza reazione che definirei “salutare”, nel senso della salute: riderci sopra. È un modo per esorcizzare le cose negative e ogni volta è come prendere una boccata d’aria buona per poi continuare ad andare avanti. È un meccanismo naturale, direi fisiologico, come fare pipì». Naturale ma non facile. E oggi è più difficile di ieri. «Il bisogno di reagire alle cose negative rimane, ma l’indignazione può imboccare anche una strada sterile che è quella dell’isolamento e della rabbia senza uscita, senza una vera condivisione. Ridere di se stessi vuol dire anche seminare dei sani dubbi laddove esistono delle insane certezze. La risata nasce quando si è insieme ad altre persone con cui condividere il gioco. L’isolamento, che oggi trova nei social una valvola di sfogo, può provocare aggressività e odio».
Oggi abbiamo forse meno comici e più odiatori. «Gli odiatori sono chiusi in se stessi e parlano solo con la loro tastiera. Per loro è un periodo fertile e vivono in una forma patologica, serrati nelle loro granitiche certezze, mai sfiorati dal dubbio. Volendo fare un esempio, chi passa le giornate a scrivere sui social minacce e offese contro Liliana Segre non esprime indignazione ma solo coglionaggine». Fortunatamente i comici non mancano mai: «Avremo sempre bisogno di ridere delle cose della vita per poterci togliere un peso dallo stomaco. Cosa c’è di più bello che condividere una sana risata col prossimo?».