La norma sulla non autosufficienza | Un punto di partenza

Parla monsignor Vincenzo Paglia: è necessario puntare sull’assistenza domiciliare per andare oltre le Rsa

(dal numero di dicembre 2022 di LiberEtà Toscana)

L’approvazione del disegno di legge delega sulla non autosufficienza è un passaggio di consegne al nuovo governo, al quale ora spetta il compito di vigilare sull’approvazione
della legge in Parlamento e rendere “esigibili” i diritti di più di tre milioni di anziani non autosufficienti. È quanto sostiene monsignor Vincenzo Paglia, presidente della commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana che, su incarico dell’ex ministro Roberto Speranza, aveva il compito di formulare proposte, molte
delle quai poi confluite nel disegno di legge delega approvato a ottobre. «In Italia ci sono più di tre milioni di anziani non autosufficienti, oltre un milione sono assistiti dalle famiglie,
1,3 milioni vivono invece soli e 280 mila sono assistiti in Rsa per un costo di dodici miliardi l’anno» spiega Paglia. Per il prelato «è evidente che il modello attuale non funziona: non
sarebbe possibile, né eticamente né economicamente, affrontare il tema della non autosufficienza basandosi solo sul modello delle Rsa. Bisogna ripensare l’assistenza domiciliare che oggi significa 17 ore di assistenza infermieristica annue». «La legge non è un punto di arrivo – continua –, ma di partenza. Nel corso dell’attuazione della riforma, sarà fondamentale il ruolo del terzo settore perché nei servizi agli anziani la sussidiarietà,
il volontariato e il terzo settore sono un motore di sviluppo al quale non possiamo rinunciare».

Il prelato non nasconde
però che non tutto corrisponde alle proposte della sua commissione. «Tra gli articoli del disegno di legge – sottolinea – non compare una riforma dell’indennità di accompagnamento come prestazione universale per la non autosufficienza, anche se abbiamo fatto l’impossibile per includerla. Servirà anche un intervento per
rendere le Rsa idonee alle cure di transizione in sostituzione o in appoggio a ospedali di comunità. E prevedere incentivi perché le Rsa siano erogatrici nell’intero continuum assistenziale, dialogando sia con l’ospedale sia con il territorio».

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