Intervista a Fabio Carmignani | Sanità, le case di comunità non decollano

(dal numero di settembre 2023 di LiberEtà Toscana)

Un territorio che è fatto per il 70 per cento di aree interne, dove mancano i medici di famiglia e i servizi sanitari. Una sanità territoriale mai decollata. Una grande disparità di genere tra pensioni, con gli assegni alle pensionate che non superano in media i seicento euro. Il quadro in chiaroscuro della provincia di Pisa lo fa il segretario provinciale dello Spi Cgil, Fabio Carmignani, ricordando nello stesso tempo l’impegno che il sindacato dei pensionati mette ogni giorno per cambiare la situazione sul terreno e difendere i diritti degli anziani. I più penalizzati da questi problemi. Operaio per oltre vent’anni alla Piaggio, Carmignani nella sua lunga esperienza sindacale ha incrociato varie categorie della Cgil: metalmeccanici, calzaturieri e tessili, la Flai, l’organizzazione dell’agroindustria che ha guidato da segretario generale Toscana a Pisa e poi i chimici, prima di approdare allo Spi. È a capo del sindacato dei pensionati dal 2022.

Partiamo dalla criticità della sanità.

«Abbiamo ospedali di altissimo livello: Pisa, Firenze, Siena ma la vera questione rimane la presa in carico dei pazienti. Le liste di attesa sono troppo lunghe e quando devi aspettare sei mesi per una radiografia, alla fine ti rassegni e ti fai curare dal privato. Nelle assemblee che facciamo ogni giorno con i nostri iscritti, la sanità rimane, insieme a fisco e pensioni, la principale preoccupazione dei pensionati. Il problema, secondo me, è soprattutto organizzativo oltre che economico. Un’altra questione è la penuria di medici di famiglia. Continuiamo a soffrire della mancanza dei medici di base, a partire dalle aree periferiche».

Il Pnrr stanzia molte risorse per case e ospedali di comunità. A che punto siamo in provincia di Pisa?
«In questa provincia dovrebbero nascere undici case di comunità. Ma per ora abbiamo una “vecchia” casa della salute nel comune di Terricciola che funziona bene con garanzia del medico 24 ore su 24, e una a Pisa che non funziona altrettanto bene: la presenza del medico è di sole quattro ore al giorno. Sono presìdi essenziali per alleggerire gli ospedali e offrire servizi sanitari di prossimità e siamo tutti contenti che nascano, però il vero tema è che cosa ci mettono dentro. Senza nuove assunzioni di medici, specialisti, infermieri, le nuove case di comunità rischiano di rimanere vuote. La preoccupazione è che siano riempite da servizi privati».

Questi disservizi ricadono in particolare
sui pensionati.
«Esatto. Un quarto degli oltre 416 mila abitanti della provincia è composto da over 65, a cui non si può chiedere di rivolgersi al privato per farsi curare. La media delle pensioni in provincia è di 900 euro, con un divario di genere enorme. Una donna, con una carriera discontinua alle spalle, riceve in media meno di 600 euro al mese. Ma su questo punto voglio essere chiaro: non è che chi riceve più di quattro volte la pensione minima, navighi nell’oro. Si tratta spesso di lavoratori che hanno versato contributi per una vita e a cui dovrebbe essere riconosciuta qualche forma di rivalutazione, dopo anni di mancata perequazione».

In provincia di Pisa, insistete molto sulla contrattazione territoriale. Che tipo di vantaggi ottenete per i pensionati?
«La mancanza di trasferimenti ai Comuni sta complicando la vita delle fasce più deboli della popolazione. Nei trenta comuni su 37 in cui siamo riusciti ad aprire un dialogo con le amministrazioni, cerchiamo di contenere tasse locali come la Tari e il costo dei servizi locali, i trasporti ad esempio, cercando dove è possibile di allargare esenzioni in base ai bisogni e ottenere una ridistribuzione più equa del carico fiscale. Ma anche di porre temi come la questione di genere».

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