Diario delle cento piazze | 5. Livorno “Per una visita pneumologica tredici mesi di attesa mi sembrano tanti…”

«Il 28 agosto sono andato all’Asl per prenotare una visita pneumologica. Mi hanno dato appuntamento per il 16 settembre, non di quest’anno, ma del 2024. Ora, è vero che si tratta di una visita di controllo ma a me tredici mesi di attesa mi sembrano tanti…». Alessandro Giorgi parla con calma. Non si arrabbia neanche mentre racconta i buchi neri della sanità, preferisce affidarsi all’ironia e a chi gli chiede se c’è un’alternativa risponde sereno: «L’alternativa? Non ce n’è, a meno che uno non vada dal privato». Giorgi ha 77 anni, vive a Piombino, è un antico iscritto alla Cgil, ha partecipato a mille lotte in piazza, lo ricorda con affetto e si sente quasi in colpa se oggi non può più farlo. «Ho avuto problemi di salute e per questo motivo non posso più partecipare attivamente alla vita sindacale come facevo prima, come ho sempre fatto. Io sono iscritto alla Cgil dal 1966, ho partecipato a tutte, tutte le manifestazioni, in tutta Italia». La voce si rompe, una pausa e poi riprende, con un’emozione contagiosa: «Ora purtroppo non ce la faccio più e questo è il mio rammarico più grande». A marzo, tra le altre cose, Giorgi si è operato di cataratta a un occhio. È dovuto andare all’ospedale di Livorno perché «a Piombino l’ospedale non è più come una volta, prima c’era tutto ora non c’è quasi più nulla». Per andare a Livorno ha dovuto chiedere aiuto, per il viaggio, a una associazione di volontariato. Ha speso 80 euro. Siccome il giorno dopo l’operazione doveva sottoporsi a un controllo all’occhio operato, ecco un altro viaggio a Livorno e altri 80 euro. Il 18 aprile scorso poi Giorgi è tornato all’Asl per prendere l’appuntamento per un’altra visita oculistica di controllo. Gliel’hanno fissata per il prossimo 29 novembre, poco più di sette mesi dopo. Le liste di attesa sono un problema grande, sottolinea. «Probabilmente vogliono che si vada dal privato, ma c’è chi può e chi non può» aggiunge con amarezza.

È anche per questi motivi che lo Spi Cgil di Livorno si impegna con forza per raccogliere le firme per salvare e migliorare la sanità pubblica, facendo in modo che lo Stato le assicuri gli investimenti di cui ha bisogno, le assunzioni di personale, le innovazioni che possono proiettarla nel futuro invece di indebolirla, togliendole risorse e facendola lentamente morire per aprire la strada ai servizi privati. Il 7 novembre scorso lo Spi Cgil di Livorno aveva già raccolto quasi quattromila firme grazie a una campagna diffusa su tutto il suo territorio, dai mercati alla strada, ai centri commerciali, agli ospedali.
«La sanità è un problema molto sentito, in particolare dagli anziani. Ci stiamo impegnando al massimo per raccogliere firme e salvare la sanità pubblica» dice il segretario generale dello Spi Livorno Giuseppe Bartoletti. Tra gli ostacoli più grandi i tempi di attesa troppo lunghi, che sono anche al centro della storia sanitaria di Massimo Ceccarelli, pensionato di 75 anni di Livorno, ex impiegato alla raffineria di Stagno, in pensione anticipata dal 2004 per essere stato esposto al rischio amianto. Ceccarelli viene operato nel 2017 a Milano, un intervento alle vertebre cervicali. L’operazione sembra riuscita bene ma tre anni dopo, racconta Ceccarelli, «inizio ad avere problemi di deambulazione, in particolare alla gamba destra». La diagnosi parla di lombalgia cronica associata a una stenosi lombare. Siamo in pieno periodo Covid, la sanità extra virus è quasi paralizzata. Passano mesi e mesi. Ceccarelli si rivolge a Livorno dove «dopo vari accertamenti scoprono che l’operazione fatta a Milano non aveva dato risultati soddisfacenti». Siamo nel 2021. Ceccarelli viene convocato in ospedale per la preospedalizzazione per l’intervento lombare nel novembre 2021 ma per una serie di motivi sarà operato soltanto nell’agosto 2022, quasi un anno dopo. Il decorso post operatorio non va bene, il paziente viene di nuovo operato e resta in ospedale per più di un mese. Dopo le dimissioni deve sottoporsi alla riabilitazione. «L’ho fatta a Campiglia Marittima, dove sono arrivato in carrozzina. Pensavano che non avrei più camminato, invece grazie al personale sono uscito quasi in piedi, anche se con l’aiuto del bastone. Alla fine mi è andata bene – aggiunge – il rammarico è che i tempi di attesa sono stati lunghissimi e quando sono stato operato i nervi erano già compromessi. Fossi stato operato prima ne sarei uscito sicuramente meglio».

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