Pianeta terra 3. Non tradiamo la nostra storia

“50 anni fa lo Statuto dei Lavoratori. Celebrarlo forse non basta?”
Il contributo di Ambrogio Brenna*

Non mi diffonderò sulle origini del “dibattito” sullo Statuto dei diritti individuali dei lavoratori, e su come ne sia uscito arricchito di norme che hanno definito le regole delle Relazioni Sindacali. Altri meglio di me e con maggiore competenza lo hanno fatto. 
Nel 1965 il testo unico delle norme in materia di infortuni e malattie professionali, la legge che introduceva le pensioni di anzianità e istituiva le pensioni sociali, e la legge che regolamentava i licenziamenti avevano sancito un passo avanti sulla tutela dei lavoratori e dei pensionati. Nel 1966 lavoravo in una fonderia, il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici ci costò 160 ore di sciopero, gli aumenti salariali furono fissati al 5%, e questo significò per le categorie più alte un aumento maggiore di chi era inquadrato nelle categorie più basse, che erano quelle che avevano sostenuto il peso maggiore della lotta. Molti erano i problemi rimasti insoluti e le iniziative e le lotte degli anni successivi affrontarono questi problemi, attraverso ampie mobilitazioni e lotte.
Le azioni che si svolgevano in fabbrica ponevano anche il problema della adeguatezza delle forme della rappresentanza, visto che la commissione interna e tutto ciò che la regolamentava venivano percepite come ampiamente inadeguate. Ciò contribuirà poi al dibattito sui CdF. Emergeva nelle fabbriche e nella società un sentimento di netto contrasto/rifiuto e anche di “ribellismo”nei confronti di quel “paternalismo padronale” che di lì a poco avrebbe subito duri colpi. Un segno tangibile e simbolico, fra gli altri, fu l’abbattimento della statua di Marzotto a Valdagno il 19 aprile del 1968, dove 60.000 operaie e operai ruppero con quella forma tanto oppressiva, dove le penitenze dopo le confessioni si scontavano con ore di straordinario. Queste diffuse azioni nelle fabbriche, i movimenti studenteschi, crearono in Italia, ma non solo, un cambio di paradigma, avanzarono richieste e politiche acquisitive, che miravano a ottenere diritti negati, che si sommavano alla azione dei partiti politici e del Parlamento.
Si crearono così le condizioni per una nuova legislazione del Lavoro e sulle relazioni sindacali originali e di assoluto valore. Si arriva così alla proposta di legge, approvata dal CS con l’impegno di Brodolini, Donat Cattin e Giugni in particolare, e anche dai liberali, con l’astensione del PCI. In una recente intervista l’onorevole Perna indica le ragioni della loro posizione. La prima è che se fai una legge, questa può essere successivamente modificata (in peggio) e la seconda è che non si applica all’universo del lavoro. E escludendo le aziende al di sotto dei 15 dipendenti spinge alla frammentazione.
La legge viene approvata e sancisce anche norme già praticate, anche se non ovunque, come il diritto di assemblea in fabbrica durante l’orario di lavoro e la previsione della contrattazione di secondo livello. È una legge che ha retto per 50 anni, nonostante le profonde trasformazioni intervenute, ha dispiegato un sistema di reti di protezioni per il lavoratore e per le rappresentanze.
Ora si apre una nuova fase, che riguarda la necessità imperante di dare “diritti” a una larga parte del mondo dei “Lavori”. Lavoro negato, lavoro deprezzato, lavoro disprezzato, lavoro insicuro, lavoro precario, è questa la nuova frontiera dell’impegno sindacale, ma anche degli altri attori, dove impegnare le intelligenze per estendere una nuova e vecchia categoria dei diritti, che la teoria della disintermediazione ha nefastamente generato. Lo Statuto è una pietra miliare nel sistema dei diritti dei lavoratori delle rappresentanze, va adeguato alla nuove sfide e ai nuovi bisogni e sarà il pane quotidiano per tutti quelli che fanno della dignità la misura del loro impegno. Nella mia attività di militante e di lavoro, lo Statuto ha offerto un punto di riferimento e di orientamento assoluto e confortante. Non tradiamo la “nostra” storia.
(*Ambrogio Brenna: 30 marzo 1950 , Senago (Mi), operaio, militante sindacale, ex Segretario nazionale Fim Cisl , ex Assessore Regione Toscana , Vicepresidente Oxfam Italia)
5 giugno gino giugni 5

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